Vergine, colomba incandescente – 31 maggio

 

Maria, tu sei la colomba incandescente
che vola da Dio agli uomini e dagli uomini a Dio!

 Il tuo biancore è dono del Padre;
il cuore che batte te lo regala il Figlio squarciato sulla croce,
sicché tu possiedi il cuore del Figlio
nell’immacolatezza del Padre;
le ali te le dà lo Spirito di fuoco!

Maria, il Padre ti ha scelta perché tu sia la lente
attraverso la quale gli occhi miopi degli uomini
possano vedere Dio e le nostre anime,
come uno stormo al tuo comando,
unite, obbedienti, fedeli,
volino con te nell’intimo amore trinitario
tubando
e scambiando un amore inenarrabile
tra noi e con tutto Iddio.

Lì attingiamo i segreti divini,
li riportiamo in terra e annunciamo alle genti
il suo amore di papà
che ha viscere misericordiosissime per tutti gli uomini
e non si stanca di aspettarli,
di amarli come ama il Figlio.

Proclamiamo
che il Cristo è venuto in terra,
è morto in croce ed è risorto per ognuno di noi,
e che lo Spirito, da quella prima pentecoste,
continua incessantemente a effondersi
in bene, pace, gioia, sapienza
e fuoco d’amore divino su chiunque accetti di riceverlo.

Con te, o Maria, colomba incandescente,
noi siamo colombe di Dio
capaci di addolcire anche gli avvoltoi
con l’amore inesauribile del Padre, del Figlio
e dello Spirito Santo.

Con te
versiamo biancore sul fango
e tutto diventa biancore,
gioia di Dio sulla sofferenza
e tutto diventa gioia,
volo di Dio sui vermi
e tutti i vermi si trasformano in farfalle; con te, Maria,
portiamo il cielo sulla terra e la terra al cielo
perché tutto divenga cielo.

 

L’amore della mamma

 È un donnino rugoso, ancora a lutto, che parla di vestiti: anche alle vecchie addolorate, talvolta, l’idea di un vestito serve da nirvana. Ci conosciamo appena e, stranamente, mi viene subito appresso, <Ti devo raccontare una cosa>, dice, e mi parla di suo figlio. Quand’ero giovane dicevo a Gesù: <Signore, io mi sposo perché voglio un figlio sacerdote>, quando sono nati due maschi mi sono sentita felice e li ho mandati a fare le medie in seminario, ma senza mai dire: <Fatevi sacerdoti>, quando poi mi sono accorta che la vocazione non c’era, tutte le mattine, nella Comunione, dicevo a Gesù: <Signore, se uno di questi figli o tutti e due si dovranno perdere per la vita eterna, allora prendili a qualunque ora li vuoi perché io te li do>. E così Dio mi ha preso Mario, che è morto a diciannove anni dopo nove mesi e mezzo di letto con reumatismi articolari al cuore e alla fine trentacinque giorni di meningite. Prima di avere la meningite, quando si è accorto che moriva, dopo tre, quattro mesi di malattia, diceva: <Mamma, perché tu spendi tutti questi soldi, tanto io morirò, anche se guarisco io non verrò mai un uomo sano, che faccio nella vita?>. Un giorno si è vestito, alzato, affacciato al balcone, i ragazzini del vicinato stavano giù e gli facevano festa: <Uh, è guarito Mario, è guarito Mario!>, <Mamma, li senti? Non lo sanno che io devo morire. Mamma, quando io muoio tu non devi fare la matta, non devi piangere e strillare, mi devi foderare la cassa di celeste e non mi devi mettere dritto da sembrare un morto, ma con la testa girata un pochino da un lato e le mani giunte perché io sono stato sempre allegro>. Poi Mario ebbe una crisi e per qualche tempo non fece più la Comunione. Quando mi accorsi che non riusciva più a parlare bene gli chiesi perché non la rifacesse, e lui: <È giunta l’ora? Va bene, stasera confessione, Comunione ed estrema unzione>, e la sera chiese al prete: <Cosa mi manca per andare in paradiso?>, <Nulla, perché hai avuto la grazia delle grazie>, <Allora, don Nicò, ci rivediamo fra cent’anni in paradiso>. Non sapevo che quel giorno mio figlio doveva morire, ero stata a messa e avevo fatto la Comunione, uscendo dalla chiesa un sacerdote, don Modesto, mi chiese: <Quintina, come sta Mario?>, dentro di me, in quel momento, ho sentito: <Don Modesto, penso che non arriva a stasera>. Allora sono tornata a casa e ho provato un senso di debolezza e dentro di me ho pregato: <Signore, mi hai dato tanta forza, dammene un altro po’, aiutami, fammi superare questo momento>. Dalla punta dei piedi per tutto il corpo, fino alla testa, mi sono sentita inondare di un calore simile a quando uno fa un’endovenosa, questo calore è stato una forza interiore tale che io potevo sfidare le montagne. Allora mi sono portata uno specchietto, ho preso la testa di mio figlio incosciente, l’ho messa sul braccio sinistro e ho incominciato a pregare, con l’altro lo tenevo abbracciato e ho pregato, ho pregato, cos’ho detto non lo so. Si è spento senza sofferenza, si è addormentato. Ho preso lo specchietto e gliel’ho messo davanti alla bocca, ho capito che era morto e in quel momento, non so se nella mia fantasia, ho immaginato, visto qualche cosa tra il cielo e la terra, non mio figlio, ma una qualche cosa di mio figlio, che volava su, che svolazzava, qualche cosa di misterioso che non lo so, gli angeli, la vergine, i santi che l’accoglievano, se c’era Dio lì in mezzo non lo so, era tutta una cosa, non lo so, allora in quel momento ho ripetuto per diverse volte al Signore, ma con tutto il cuore: <Signore, io ti prometto di non versare una lacrima, ma Tu porta mio figlio in paradiso, ti dono questo mio figlio per la salvezza del sacerdote N.N. e di tutti i sacerdoti>. Quando mi sono girata ho trovato la camera piena di persone che non avevo visto entrare né avevo sentito.

Domenica Luise

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